Spesso si fa fatica ad entrare in connessione con il proprio bambino interiore, quello che ci fa reagire in maniera inappropriata e che cerchiamo sempre di nascondere e far tacere. Ma Simona Rivellini ha deciso di ascoltare quella vocina, coccolare il suo bambino e dargli spazio perché solo in questo modo può sentirsi felice e in equilibrio con sé stessa.
Il libro, che ha scritto e illustrato, è un racconto sull’adozione dal punto di vista di chi è stato adottato, ma non solo. È un modo per riconnettersi con sé stessi e fare pace con un abbandono, un dolore, una sofferenza per poi sorridere alla vita con rinnovata speranza.
“Ti stavo aspettando così” è un albo illustrato straordinario, che hai concepito interamente tu, testi e illustrazioni: da dove nasce questo libro?
Ti stavo aspettando nasce con lo scopo di dare comprensione e nuovi punti di vista ad una fetta di persone spesso lasciata in disparte, di cui si parla ancora poco: i figli adottivi. È un libro nel quale ho cercato di mettere il mio cuore, senza nessun filtro. Volevo potesse risultare il più vero e sincero possibile, per questo la scelta di non limitarmi a scriverlo ma di illustrarlo.
La cosa che ci ha molto sorpreso è l’uso della mano sinistra: ci puoi spiegare meglio il tuo processo creativo e l’uso della mano che non c’è?
Esercitarsi con la mano contro-dominante stimola le attività sinaptiche poco utilizzate e la concentrazione, attivando così entrambi gli emisferi.
In parole povere, scrivere contromano permette di riaccendere parti del cervello che non siamo soliti utilizzare, ci permette di avere accesso al nostro lato bambino, sedimentato e dimenticato nella parte di cervello meno utilizzata.
Utilizzando entrambe le mani è possibile creare una sorta di conversazione, come se la mano adulta potesse consolare la mano bambina. Questo è il motivo della scelta di illustrare gran parte delle pagine utilizzando l’altra mano: potermi consolare ad un livello ancora più intimo e profondo.
Per chi è questo libro?
Per chiunque voglia riscoprire parti nuove di sé.
Per chiunque abbia vissuto una storia di abbandono.
Per tutti coloro che vogliono scoprire di più riguardo il mondo delle adozioni e per tutti coloro che le vivono già attivamente.
Soprattutto, è per chi ha una storia simile alla mia, nella speranza di poter dare comprensione e nuovi punti di vista.
Cosa ti è piaciuto di più della fase di creazione?
L’emozione più grande credo di averla provata nel momento in cui mi sono resa conto di averlo finito ma ho assaporato ogni istante, dalla stesura del primo capitolo alla creazione della copertina.
Un consiglio alle famiglie che adottano, a figli e genitori, ti sentiresti di darlo?
Certamente.
Il mio consiglio più grande è di fidarsi della vita.
So che spesso può risultare insensata (davvero, lo so) ma credo fermamente sappia esattamente ciò che fa. Ed è sempre per noi, mai contro di noi.